Una delle prove più difficili che la vita ci chiama ad affrontare è la perdita di una persona cara. Soprattutto la perdita del compagno di vita. La terra comincia a crollare sotto i piedi e ci si sente affranti, impotenti, smarriti. Inizia così quel lungo e doloroso percorso chiamato lutto.
Una volta il lutto si indossava e questo serviva non solo ad onorare la memoria del defunto, ma anche a rendere visibile e riconoscibile il dolore. Ciò aiutava forse a farlo uscire meglio.
Non nascondere il dolore
Mostrare il dolore significa infatti abitarlo, dargli dignità, valore, senso, in una cultura sempre più intollerante alle sensazioni negative. Il dolore ha bisogno di sgorgare per non implodere dentro.
Direi quindi che la prima cosa da fare quando si perde qualcuno è solo lasciare che il dolore sgorghi assieme alle lacrime e aspettare che il tempo passi.
Soltanto col tempo si potrà cominciare a realizzare quanto accaduto e uscire da quella sorta di incredulità circa il fatto che sia potuto succedere proprio a noi.
La consapevolezza della perdita
Deve passare il primo compleanno, il primo natale, il primo capodanno, la prima primavera senza la persona amata per realizzare che lui o lei non tornerà più.
Alcune persone vorranno stare al nostro fianco, soprattutto subito dopo la perdita, e questo in alcuni momenti farà anche bene. Nessuno però potrà mai sostituire la persona perduta.
La rabbia
Oltre all’incredulità, un’altra reazione comune è la rabbia, utile soprattutto a non farci sentire il dolore e l’angoscia sottostanti. La rabbia ha infatti il vantaggio di farci sentire forti in un momento in cui si è, all’opposto, estremamente fragili e impotenti.
Ma questo è un deterrente che può solo ritardare il confronto col dolore che noi tutti temiamo, che non vorremmo mai sentire e per lenire il quale spesso finiamo col chiederci se non sia il caso di assumere qualche farmaco.
Essere depressi è normale
Ci siamo forse scordati che lo stato depressivo è “normale” se reattivo ad una perdita. Passato il primo anno, nel migliore dei casi, il dolore non sarà più così pungente e potrà cominciare il processo di lutto vero e proprio.
Secondo Freud tale processo consisterebbe nel passare dalla posizione di voler seguire la persona amata, tipica dell’atteggiamento depressivo, al concludere che tutto sommato è meglio rimanere vivi.
Solo a questo punto si potrà “lasciare andare” la persona amata, uscendo a propria volta dalla posizione depressiva con cui prima ci tenevamo legati all’amato/a attraverso il dolore.
Per poter lasciare andare l’altro, sarà di contro importante trovare dei modi per renderlo presente. Circondandosi di foto, di oggetti che lo ricordano, parlare spesso di lui o di lei.
Allontanare tutte le cose che ce lo ricordano, reazione peraltro comune a molte persone, non fa altro che allontanare il superamento della perdita.
Paradossalmente sarà più difficile superare il dolore della perdita se il rapporto con quella persona era difficile. Il lutto verrà in questo caso “complicato” dal conflittualità del rapporto.
Sarà molto più facile cioè trovare modi per mantenere dentro di sé una persona con cui si aveva un rapporto sano. E questo senza nulla togliere all’amore.
Diventa allora fondamentale semplificare il più possibile le cose indirizzando la memoria sui ricordi più belli che ci legano a quella persona, su quanto di più positivo abbiamo ricevuto da lui o da lei. Questo allo scopo di arrivare a ridare a noi stessi quanto di più buono quella persona sapeva darci. Se, ad esempio, era solito incoraggiarci, comunicare a fare con noi stessi; se sapeva distrarci nei momenti di tristezza, fare lo stesso.
L’amore è l’unico legame che perdura
Tenerci legati alla persona perdura attraverso l’amore che ci ha donato e che abbiamo saputo comunque donarle è, a mio avviso, il modo meno doloroso di tenerla viva e vitale dentro di noi.
Per fare questo è necessario saper perdonare tutte le mancanze e gli errori fatti e subiti ed essere indulgenti non solo con l’altro ma anche con se stessi, perdonare e perdonarsi.
È fondamentale il perdono a permetterci di lasciare andare chi amiamo. Un dono che nel perdonare facciamo sempre anche a noi stessi oltre che all’altro, visto che il risentimento fa male soprattutto a chi lo prova.
Letizia Cingolani
(Articolo pubblicato in Rivista dell’ANAP)